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Apprendista della parola
di Giacomo Gusmeroli


Genere Poesie
Anno pubblicazione 2008
Numero pagine 91
Dimensioni 13x15 cm
Casa editrice Edizioni Guerra
Costo 8 euro


“Apprendista della parola” - la prima raccolta di poesie di Giacomo Gusmeroli cinquantaduenne nativo di Tartano, ora residente a Sondrio – è divisa in due parti. La prima, intitolata “Come le parole in mano ad un apprendista, è in lingua italiana e raccoglie poesie scritte dal 2004 al 2006, la seconda in dialetto di Tartano è chiamata, invece, “Stà sü a fa vila” (restare alzati a vegliare). «Quelli di Gusmeroli sono versi molto originali e coinvolgenti a tal punto che il lettore ha subito la sensazione di trovarsi di fronte non ad un apprendista – scrive Renzo Pavese nella prefazione -, ma ad un esperto che sa mettere nella parola le venature adatte ad esprimere significativi sentimenti e vita vera. Poesia è sapere creare, è saper camminare talvolta su sentieri sconosciuti con l’animo però sempre conscio di voler comunicare agli altri situazioni vissute nel modo più congeniale e non sempre comune». I suoi versi parlano così di esperienze personali, di campagna, di lavori agricoli, di atmosfere e personaggi del mondo contadino che a Gusmeroli appartiene e a cui ha deciso di dedicarsi ad un certo periodo della vita. Bastano i titoli e qualche verso qua e là a descrivere l’intensità delle emozioni vissute e ricreate con le parole dal novello poeta, da “La casa del nonno” che apre la raccolta a “S.Bernardo di Ponte”, da “Logos” a “Fede”, da “Svirgola l’aria” a “Ricordi”. Molte volte ci si trova di fronte ad una poesia ermetica che racchiude diversi contenuti, a seconda delle esperienze materiali e culturali del poeta. Tutto si sublima in sinfonie particolari, in magiche note di parole e immagini, perché “la poesia è / quel soffio che ti sale dentro, un pulsare delle arterie, / un suono leggero”, nonché un “confidare”. Particolarmente belle e per così dire “natìe” le poesie in dialetto visionate da Remo Bracchi che ha curato la premessa della raccolta. «Il dialetto è istintivo e avaro, come la terra che lo ha cullato nel suo crescere di bimbo, come la gente che lo ha generato dal suo cuore e dalle sue mani – scrive Bracchi Ordinario di Glottologia e linguistica greca e latina all’Università Pontificia Salesiana e presidente dell’Istituto di dialettologia valtellinese e valchiavennasca -. Ha il sapore dei frutti acerbi, dei quali è stato anticipato il raccolto, perché un autunno improvviso non giungesse a rinsecchirli con le sue brume… Giacomo Gusmeroli sembra aver colto questa esplosività della parola nell’aria come, nelle chiare veglie di mezza estate, un gioco pirotecnico pronto a zampillare nel cupo azzurro in cascate di stelle filanti».
 
 
Bibliografia
 
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